Interessante, anche se non nuovo, articolo di Classical Values, a proposito del fallimentare tentativo dei sauditi di trasformare il deserto in un giardino (o almeno in un campo coltivato).
Dopo decenni di sussidi, dopo decenni di consumo delle risorse idriche non rinnovabili (in tempi non biblici) per le coltivazioni, i sauditi hanno deciso di eliminare gradualmente, ma completamente ogni sussidio e accettare il fatto di dover importare nei prossimi anni sempre più cibo.
Dopo aver sprecato tanto tempo, soldi e fatica, i sauditi sono rimasti con la classica polvere in mano. Non solo, nel frattempo gli israeliani sono diventati sempre più gravi a coltivare il deserto usando pochissima acqua, senza sussidi e guadagnandoci pure. Quando, entro uno o due decenni, le esportazioni di petrolio non saranno in grado di coprire le necessità basilari della popolazione saudita, l’eccesso di popolazione dovrà essere risolto in qualche modo. Emigrazione e morte sono le due possibilità principali, dato che è improbabile che la popolazione saudita sia in grado di cambiare i suoi modi di vita. Già adesso, la fertilità della popolazione sta diminuendo velocemente, sebbene sia ancora elevatissima per gli standard occidentali. Componenti culturali, economiche e religiose sono sicuramente alla radice, ma in una situazione dove la maggior parte delle persone non sarà in grado di guadagnare abbastanza da mantenersi e formare una famiglia, la fertilità dovrà per forza scendere. Dato la preferenza per un figlio maschio dei mussulmani (già la demografia saudita è molto sbilanciata a favore dei maschi) e la necessità di avere solo uno o due figli, è prevedibile che la demografia dei sauditi sarà ulteriormente sbilanciata e quindi la loro fertilità totale ancor più ridotta.
Queste situazioni sono normali nel Medio Oriente, il che implica che nel giro di 20-30 anni il mondo arabo/islamico sarà soggetto ad un sempre maggior numero di crisi economiche e politiche. Non solo questo, ma l’elevato rateo di malattie ereditarie, le insane condizioni di vita e il basso IQ medio renderanno difficile per queste popolazioni uscire dal sottosviluppo. L’Islam, in questo caso, non farà altro che aggiungere difficoltà a difficoltà.
Le crisi, però, daranno la possibilità ad altre forze di penetrare nella zona e riguadagnare il terreno perduto in passato: il cristianesimo, lo zoroastrismo avranno la possibilità di farsi largo come portatori di soluzioni dei problemi che il sempre più screditato (già adesso, ma per allora anche di più) islamismo non ha potuto risolvere. L’Iran, con la sua crisi demografica, economica e politica all’orizzonte non sarà che un banco di prova.
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