Novartis ha annunciato che vuole ottenere il permesso di utilizzare “pillole intelligenti” con dei microchip al loro interno nei prossimi 18 mesi. La tecnologia in questione è stata sviluppata dalla Proteus Biomedical (stata acquisita dalla Novartis per 24 milioni di $). Il chip trasmette dati ai sanitari in modo da permettere di verificare la corretta assunzione dei farmaci e di modificare la prescrizione secondo le richieste del paziente.
I farmaci utilizzati non cambiano, ma il chip all’interno della pillola, una volta arrivato nello stomaco ed esposto ai succhi gastrici, si attiva comunicando l’ora di attivazione ad un cerotto sulla pelle del paziente. Il cerotto ritrasmette il segnale ad uno smartphone (buon motivo per comprarne uno se non lo avete ancora) che a sua volta lo ritrasmette al medico. Questo assicura il vostro medico che stiate prendendo i vostri farmaci nelle quantità e tempi previsti. Altri dati potrebbero essere trasmessi, come la temperatura corporea o la frequenza cardiaca.
La Novartis vuole iniziare ad introdurre questa tecnologia nei medicinali usati per controllare il rigetto nei pazienti trapiantati. Ma i problemi maggiori vengono dal rispetto della privacy (i dati possono essere capatati da altri?) oppure dal rispetto della libera scelta del paziente nel caso di terapie psichiatriche (il paziente sta prendendo oppure no la sua dose di Acido Valproico oppure di Litio oppure di Clozapina?).
Paranoie a parte, le possibilità offerte dai microchip nei farmaci sono enormi, come ad esempio seguire esattamente l’assunzione di farmaci e gli effetti di ogni singolo paziente e adattare il trattamento farmacologico in tempo reale (quasi sicuramente con l’uso di un computer che assista il medico, che altrimenti sarebbe sopraffatto dalla mole di dati da gestire).