Da Ouroboros leggo questo interessante post al riguardo.
Per determinare se un medicinale è efficace nel rallentare, bloccare o invertire gli effetti dell'invecchiamento, fino ad ora l'unico modo era di misurare la vita dei soggetti studiati (uomini, topi, moscerini, lieviti, etc.); cosa che richiede parecchio tempo, in particolare per umani e topi. Due ricercatori (Spindler and Mote) hanno condotto uno studio per sviluppare un approccio che usi i biomarkers per determinare se un medicinale ha effetto sull'invecchiamento. Questo permette sia di verificare più biomarkers contemporaneamente, di modo da limitare la possibilità che un singolo markers dia indicazioni errate a causa di variazioni individuali dei soggetti (ad esempio, la densità delle ossa), ma anche di misurare quantitativamente l'effetto (e.g. il medicinale A produce un effetto 1x, 2x, 3x rispetto al medicinale B).
Questo approccio può accellerare di molto la velocità con cui si possono testare gli effetti di sostanze nuove o vecchie e quindi produrre un incremento delle informazioni necessarie a sviluppare una terapia anti-invecchiamento efficace.
Se anche le terapie anti invecchiamento trovate nei prossimi anni estendessero la vita media e la vita produttiva di pochi anni, questo permetterebbe di ridurre la spesa sanitaria e sociale e avvicinerebbe moltissime persone alla possibilità di usufruire delle terapie longeviste che saranno sviluppate negli anni successivi.
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